L'informazione: A cosa serviranno questi soldi?
Per combattere il cambiamento climatico. L’Unione europea vuole raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050, ovvero per quella data l’UE vuole arrivare a un equilibrio tra le emissioni di CO2 e l’assorbimento di carbonio. Si tratta di una necessità per riuscire a contenere l’innalzamento del riscaldamento globale entro la soglia di 1,5° dai livelli pre-industriali.
La prima tappa è il 2030: entro tale data bisognerà ridurre le emissioni dei gas serra del 40% rispetto ai livelli del 1990.
Come afferma il Corriere della Sera nel suo articolo, per raggiungere questo target è necessario trasformare l’economia europea, abbandonando le fonti fossili e incentivando la produzione di energia da fonti rinnovabili oltre che promuovere un’economia circolare.
Correttamente aggiunge che questa transizione non è solo energetica ma anche sociale perché comporterà in alcune regioni più dipendenti dal carbone e dalle fonti fossili dei grandi cambiamenti a livello sociale: motivo per cui è stato istituito il Just Transition Fund, il fondo per una "giusta" transazione.
Le nostre considerazioni
PRO:
Al di là di ogni ragionevole dubbio che si possa avere sull'efficacia di questo piano, va comunque premiata la buona volontà e l'impegno a essere leader nel cambiamento
L'UE sta praticamente chiedendo a tutti gli stati membri di COLLABORARE, di mettersi insieme per IL BENE DEL PIANETA.
E non per una migliore crescita, per abbattere l'inflazione, per incrementare l'occupazione, per risanare i bilanci....NO.
Qui ci troviamo davanti ad un cambio di passo nella leadership europea di portata epocale. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione UE, sta provando a dare finalmente un senso alla nostra unione europea, stimolandola a farla diventare un'unione di europei.
Si passa dallo stato-nazione in una geopolitica basata sulla competizione in un gioco a somma zero ad una politica di collaborazione, dove ciascuno fa la propria parte per il bene comune. WOW.
CONTRO:
Il piano vuole rappresentare una "spintarella", neanche troppo decisa, verso una rivoluzione, un cambiamento delle fondamenta della società produttiva che si basa sulla seconda rivoluzione industriale, ossia sulle fonti combustibili fossili (carbone, petrolio). Tutto per il bene comune. Perdonate lo scetticismo ma, nell'Europa degli individualismi attuale, ci sembra poco probabile che ciò accada.
Il Green deal Europeo non è paragonabile al New Deal di Roosevelt: quest'ultimo avveniva in uno Stato pineamente sovrano e con tutti gli strumenti a disposizione per implementarlo.
Noi siamo dell'opinione che cambiamenti di questa portata richiedano un cambio di testa, di paradigma, una politica nuova che vede protagonista attivo il cittadino e la sua comunità e non organi ed apparati e onorevoli dei quali non si sa nulla e continuano ad assorbire soldi che sarebbero meglio spesi a livello locale. Serve uno STATO PRESENTE e non uno Stato fantasma come quello di oggi.
Lo Stato, la collettività, il pubblico hanno il compito di assicurare il benessere dei cittadini, ed è giusto che intervengano nell'economia per farlo. Una regola vera sempre e particolarmente importante in periodi di crisi.
Infine: no obblighi di decarbonizzazione, no stop alla nuova produzione di combustibili fossili, nessun piano per diminuire la morsa dei principali contribuenti di CO2 (carne bovina, trasporti, costruzioni) e obiettivi disallineati con la scienza. Nessun riferimento concreto all'economia circolare, nessun problema rifiuti (scompaiono nel Green Deal?)...insomma nessuna novità. Sembra la solita pillolina con lo zucchero.
IN CONCLUSIONE
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